JOLLY O JOKER?

Quanti Joker conoscete? Quanti Jolly conoscete? Quanto conta conoscere le etimologie per poter giudicare complessivamente un personaggio o una situazione? Conta.
Possiamo partire, banalmente, dalle origini linguistiche del termine e andare, ahivoi, a ritroso. “Burlone”, in ingl. “joke(r)”, deriva dall’ant. fr. “jolif” (“amabile”, “gentile”, “gioioso”). Italianizzando per un secondo, “gioia” si riallaccia al verbo “yuJ”, che in sanscrito significa “unire”, “legare”. Grecizzando per un minuto, è il CELEBERRIMO “ζεύγνυμι”, “aggiogare”. La gioia non è quindi uno stato d’animo, è uno strumento, una giunzione, anzi un anello di con-giunzione. E nemmeno così irrilevante se è in grado di assoggettare.
Dunque, dunque. Fin qui sembra un elenco di segni fonetici alquanto astruso. Procediamo: come si collega l’essere amabile con il giogo?
In attesa di una risposta che non è né immediata né semplice, analizziamo alcune delle migliori interpretazioni in campo cinematografico. Partiamo da un elemento interessante e accattivante per la vista: il colore.
La vision d’ensemble ci mostra dei colori sgargianti, tonalità calde e decise, un volto dipinto di bianco, i capelli trasandati tinti di verde, un make-up d’impatto finalizzato a collocarsi facilmente nella mente dello spettatore. Caratteristico il rosso che allunga le labbra in un estenuante sorriso e il blu/nero che contorna gli occhi roteanti e dissennati.
Mi sono chiesta i motivi di tale scelta cromatica, difficilmente slegata da eventuali associazioni interiori: il verde è sia simbolo di speranza e perseveranza, ma anche di putrefazione, avvelenamento e malattia; il rosso è, per eccellenza, collegato all’ardore, alla pressione arteriosa e alle pulsioni forti; il viola è il colore del mistero e della transizione, è, allo stesso tempo, metafora della vita e della morte, eventi che, in condizioni normali, non dipendono da una conscia scelta dell’individuo e subiscono il corso degli eventi, il match cromosomico, i ritmi storici.
Il Jolly delle carte francesi sorride, è allegro, come suggerisce “JOLI” e Joker, il personaggio cinematografico associato, è gioioso.

Jack Nicholson (Batman, 1989), Joaquin Phoenix (Joker, 2019),
Heath Ledger (The dark knight, 2008)

JOLLY È JOKER, JOKER È JOLLY

Un comico spietato, un pagliaccio violento, un abile chimico. Un individuo dai poteri strabilianti. Non è immortale. D’altronde quasi nessun eroe o supereroe lo è. Gli eroi, ad un certo punto, svaniscono “fisicamente”, ma la loro idea e la loro gloria si insinua nelle epoche, facendo sì che concettualmente non muoiano mai. Nonostante l’eternità sia uno dei poteri più ambìti, insieme all’ubiquità e al desiderio di esplorare più linee temporali nel corso di un’unica vita, non gli importa di essere immortale. È immune al veleno ed è insensibile al dolore, forse a causa di ripetuti traumi infantili/adolescenziali che lo hanno reso ben corazzato contro i pericoli esterni.
Joker sublima il dolore con la risata patologica. Dal momento che non è stato seminato e coltivato amorevolmente in lui alcun germoglio, “distrugge” ciò che tocca. Non conosce l’amore, ma lo ricerca di continuo, in una maniera incomprensibilmente romantica. Certo, in fascia dark!
Astrusa la mente, astruso il suo approccio.
L’amabilità di Joker, che non può essere intesa nel senso classico di amorevolezza, sta nell’aggiogare qualsiasi elemento a suo vantaggio, così come il Jolly ha il potere di facilitare le sorti di una partita per il giocatore che lo utilizza e renderle svantaggiose per l’avversario.
La questione, nel gioco, è però la seguente: il giocatore è l’avversario e viceversa. In una partita si è, al contempo, giocatori e avversari. Joker è sì, un giocatore, un joke, ma è anche un avversario che fa i conti con se stesso e con lo sfidante di turno. Joker gioca (con) il Jolly.
Esiste, dunque, un legame tra la gioia che nervosamente esprime con i suoi comportamenti e l’idea di aggiogare gli elementi che sapientemente maneggia. È un rapporto di co-dipendenza.
Il Joker di Tim Burton è un artista dai modi eccentrici, quello di Christopher Nolan è un performer spregiudicato, quello di Todd Phillips è un uomo costernato da disturbi post-traumatici.
Le conseguenze, in ogni caso, sono gioiosamente devastanti e hanno dato vita a scene iconiche indimenticabili.

Spunto di riflessione: riflettere sui colori e sulle metafore visive che trasmettono, considerare l’etimologia del nome e creare dei collegamenti interni.